Maria Rosaria, diagnosi a 56 anni
Buongiorno Maria Rosaria, grazie per aver accettato di partecipare a “Volti e Storie”. Ci racconti qualcosa di te?
Mi chiamo Maria Rosaria Puddu, sono nata a Cagliari 72 anni fa. Risiedo in una cittadina del Lazio dall’età di 18 anni ( quando un evento tragico verificatosi in famiglia mi ha strappata, mio malgrado, alla mia terra d’origine) Nel corso degli anni ho potuto coltivare le mie più grandi passioni fino a quando l’HHT ha iniziato a limitare e cambiare la mia vita. Ho sempre amato il nuoto alternato allo yoga.
Come hai scoperto di avere l’HHT e come condiziona la tua vita?
E’ stato proprio nel nuoto che ha suonato il campanello d’allarme. Il mio impegno in vasca mi obbligava a lasciare la corsia a causa delle epistassi, dapprima di breve e lieve entità associate a notevole impegno respiratorio che col tempo aggravandosi mi hanno costretta ad abbandonare questa disciplina. Si barcollava nel buio finché il medico dello stesso impianto sportivo che lavorava presso l’ospedale dei Castelli romani mi suggerì di indagare con vari esami. Fu evidenziata la dilatazione della vena porta e il VI e VII segmento del fegato erano tempestati di MAV. Si optò per intervenire chirurgicamente per asportare parte del fegato( ancora non era stata fatta diagnosi). All’interno della stessa struttura ospedaliera del S.Eugenio di Roma, un ricercatore che seguiva i trapianti di fegato, mi contattò. Non mi sembrava vero che qualcuno si interessasse del mio caso. Fu così che tramite lui ( il cui nome non ricordo) potei contattare il policlinico di Bari dove l’equipe del prof. Sabbà mi prese in carico . Screenata con esito morbo di Rendu-Osler era il 2005; ma l’errore, tornando al mio fegato, era stato commesso.. Ad oggi , viste le problematiche successive all’intervento di resezione ( e per il quale i medici di Bari non furono d’accordo) pago le conseguenze, oggi sappiamo che sulle MAV del fegato non si interviene chirurgicamente.
Questa patologia, purtroppo, ha condizionato il mio stile di vita , costringendomi ad abbandonare lo sport e a ridurre notevolmente le relazioni sociali.
Che messaggio vorresti lanciare a chi, come te, ha l’HHT?
Ognuno di noi vive esperienze personali sia come manifestazioni, sia come approccio alle manifestazioni stesse. Io dico di non rassegnarsi ma accettare di convivere con le limitazioni ; del resto altre patologie rare rendono spesso le condizioni di vita , di cui è affetto, più gravi e spesso drammatiche. Noi facenti parte dell’associazione ci sentiamo meno soli e poter parlare e discutere con moltissimi altri pazienti ci rende il percorso meno in salita, meno faticoso.
Buona vita a tutti