Marianne Clancy
“Da sempre ho ricordo di mia madre, molte zie e zii e cugini con episodi di sangue dal naso. In alcuni casi erano soltanto un piccolo disturbo, in altri invece erano molto profusi e duravano varie ore. In più di un’occasione, a causa della perdita di sangue, mia madre ebbe bisogno di trasfusioni. Da piccola, ricordo i sabati a spasso per spese con mamma: spesso si finiva dall’Otorino per effettuare la cauterizzazione di un vaso, per bloccare profuse emorragie. Anche io ho lunghe epistassi sin dall’infanzia e sono diventata molto brava a mascherarle mentre sono in riunioni di lavoro o durante le lezioni che faccio agli studenti universitari.
Al tempo non pensavamo che fosse preoccupante, fino al 1964, quando mio fratello Gary, che all’epoca aveva 17 anni, si sottopose ad una radiografia del torace di routine. In quell’occasione individuarono una macchia sul polmone. Fu immediatamente messo in quarantena con un sospetto di tubercolosi. Dopo molti test si scoprì che aveva la Sindrome di Rendu Osler Weber, il nome più comunemente usato per l’HHT all’epoca.
Poco dopo mio fratello fu sottoposto ad un intervento chirurgico per rimuovere una sezione di polmone che conteneva una malformazione. All’epoca io avevo sette anni e ricordo le conversazioni sottovoce dei miei genitori e tutto il tempo che passarono all’ospedale, che distava due ore e mezza da casa nostra. Gary passò un mese in ospedale e tornò a casa con 15 chili di meno e una grande cicatrice sul petto. Lasciò il college per un semestre, per rimettersi. All’epoca gli dissero che non avrebbe più dovuto preoccuparsi di questa sindrome.
Questa odissea di Gary creò molta ansia in casa nostra; cinque anni prima mia sorella Angela, allora 14enne, morì improvvisamente tra le braccia di mio padre. La sua morte fu attribuita ad una “polmonite silente” dal momento che aveva contratto un raffreddore, dopo essere caduta in uno stagno mentre pattinava. Poiché Angela morì quando io avevo un anno, ricordo chiaramente i miei genitori convivere con l’angoscia cronica. Comprensibilmente mia Angela con la piccola Marianne madre non era più in sé, dopo la morte di mia sorella e le era insopportabile l’idea di perdere un altro figlio. Poi, alcuni mesi dopo, un cugino, che era al college, ebbe un emorragia polmonare.
Immediatamente fu trasportato a Filadelfia per incontrare il chirurgo di mio fratello. Anche a lui fu diagnosticata l’HHT e subì la stessa operazione di mio fratello Gary. A quel punto, tutti i membri della mia famiglia, che avevano sofferto di epistassi, fecero una radiografia del torace. Sette grandi malformazione arterovenose polmonari furono scoperte in un altro cugino che subì la resezione parziale di un polmone, nello stesso ospedale.
Nonostante questo nessuno studiò approfonditamente la storia famigliare e non ci fu detto di ripetere i controlli. Passò molto tempo prima che qualcuno collegasse la morte di mia sorella e le morti improvvise delle mie zie, a 16 e 18 anni, a questa sindrome. Fino a molti anni dopo la gravità delle epistassi non fu collegata alla presenza di problemi agli organi interni. Ora sappiamo che soltanto 2, dei dieci fratelli di mia madre, non ne erano affetti. La nostra storia famigliare e? piena di casi di sospette emorragie vascolari cerebrali, ictus inspiegabili, sanguinamenti gastrointestinali, tutti segni che l’HHT era presente ma nessuno, per decenni, aveva collegato le diverse manifestazioni.
Mia madre ebbe un ictus nel 1969, io avevo 12 anni. Lei non riusciva più a parlare quando io arrivai a casa da scuola. La sua emoglobina era molto bassa dal momento che soffriva di anemia cronica. I Dottori scoprirono alcune MAV polmonari che ritennero piccole e dunque non trattabili. Il nostro medico di famiglia consigliò di assumere ferro, vitamina B12 e mangiare “molta carne rossa”, per aumentare le scorte di ferro. Sfortunatamente quelle MAV polmonari contribuirono ai molti attacchi ischemici (mini ictus) che ebbe negli anni successivi.
Morì di infarto a 64 anni, quando io avevo 21 anni. Facciamo un salto in avanti di 20 anni. Cinque anni dopo essermi sposata, io e mio marito decidemmo di mettere su famiglia e feci una visita dal primario di ematologia della Scuola di Medicina di Harvard che, sentendo la mia storia personale, mi testò per la malattia di Von Willebrand. Il risultato fu negativo e mi disse di non preoccuparmi oltre. Ebbi due gravidanze, portate a termine, ma ancora tante emorragie dal naso che duravano molte ore. Riferii tutta la mia storia famigliare ad un medico di famiglia della Virginia che mi mandò da un altro ematologo. Questo mi disse che, se avevo l’HHT, non c’era niente da fare, per cui era inutile preoccuparsi. Era il 1992. Durante il parto del mio terzo figlio non sapevo di avere MAV polmonari.
Avevo avuto difficoltà respiratorie e giramenti ditesta durante la gravidanza. Fortunatamente non ci furono complicazioni. Nel Maryland, invece, il figlio 14enne di mio fratello diventava improvvisamente blu sul campo di basket. Mio fratello immediatamente ripensò a nostra sorella che si accasciava tra le braccia di nostro padre e prese subito provvedimenti. Fu allora che trovammo un medico che conosceva l’HHT: il Dottor Robert I. White JR. dell’Universita? di Yale. Il Dottor White si era appassionato all’HHT mentre era alla Johns Hopkins University nei primi anni 70. Aveva creato una procedura non chirurgica chiamata embolizzazione per trattare le MAV polmonari e questo metodo ha salvato la vita di migliaia di pazienti HHT. Si scoprì che mio nipote aveva bassi livelli di ossigeno a causa di molte MAV polmonari di grosse dimensioni e fu trattato con successo con l’embolizzazione. Esaminando i miei documenti medici il Dottor White riconobbe due MAV nei polmoni, non rilevate da altri medici e ha embolizzato anche queste.
Ora la mia famiglia viene seguita attentamente ogni 3-5 anni; capiamo ora quanto il monitoraggio sia importante per i pazienti con HHT. Il dottor White continua a visitare infiniti numeri di pazienti con HHT che hanno subito diagnosi sbagliate e i suoi colleghi citano spesso una sua affermazione: La Storia Famigliare e? uno degli aspetti più importanti dell’assistenza medica nell’HHT. Ed ha ragione. Se una storia famigliare viene ben studiata si può notare che epistassi, emorragie polmonari, morti in adolescenza, sanguinamenti gastrointestinali, ictus, ascessi cerebrali ed emicranie, nelle varie generazioni, sono molto di più di una coincidenza.
Se ce ne fossimo accorti prima avremmo prevenuto morte e disabilità nella mia famiglia e tutta la sofferenza per la perdita delle persone tanto amate. Se solo tutti i punti fossero stati uniti prima nel mio caso famigliare, avrei potuto passare una vita con una sorella che invece non ho potuto neppure conoscere. Forse non avrei il ricordo di una madre soltanto scossa da tanto dolore.
E’ questa consapevolezza, di sapere quante volte non viene diagnosticata l’HHT e come si possa prevenire tutto il dolore che porta, che mi ha spinto a lavorare nella Fondazione Internazionale HHT negli ultimi dieci anni, prima nel direttivo ed ora come Direttore Esecutivo. Sento forte la motivazione di raggiungere tutte le famiglie possibili ed occuparmi delle loro necessità così che nessun altro bambino debba perdere un fratello e nessun genitore un figlio, se quella perdita può essere evitata. Gli obiettivi della Fondazione sono: diagnosi tempestive, miglioramento del trattamento in modo che un infinità di bambini in tutto il mondo, inclusi i miei, possano vivere vite lunghe e produttive, liberi da morti inutili, disabilità e dolore.”