Vincenzo La Cava, diagnosi a 45 anni
Ciao sono Vincenzo La Cava e quest’anno compio 58 anni. Sono nato in Belgio da mamma belga e papà calabrese ma la nostra rarità la devo sicuramente a mia madre.
Vivo a Roma, ho una sorella con HHT (siamo cinque fratelli) e due figli che per mia fortuna, dopo esame del DNA, non hanno il nostro stesso problema.
Ho ricordi di sangue al naso (in realtà mio unico attuale sintomo) sin dall’adolescenza ma ho saputo di essere positivo all’HHT soltanto verso i 45 anni.
Volete sapere come ? all’ospedale Santo spirito di Roma mentre in una seduta mi “approvvigionavo” di ferro, una signora mi ha tranquillamente diagnosticato: ” tu hai la sindrome Rendu Osler”.
Da quel momento capisci che tutta una serie di eventi medici che ti sono capitati negli anni passati erano collegati a questa malattia. Eh si, perché quando, all’età di 30 anni, mi scoppiò un forte mal di testa, certo non pensai all’HHT e chiamai un mio cugino neurologo che mi fece fare immediatamente una TAC dove risultava avessi un ascesso cerebrale. Fui operato d’urgenza il giorno dopo e nei giorni seguenti cercarono di capire da cosa era stato causato; la causa risultò essere una malformazione arterovenosa (MAV) che mi fu poi operata a distanza di un mese circa. Questo per dire che le varie complicazioni che avevo avuto in passato non erano mai state approfondite se non per lo stretto necessario a risolvere la situazione in atto. Nessuno poi è andato oltre a capire il perché della MAV e il perché dei sanguinamenti al naso. In certi casi siamo noi con la nostra volontà a dover insistere nel voler capire cosa ci sta comunicando il nostro corpo. E in qualche modo è meglio!! perché impari a gestire le tue difficoltà , a controllare più da vicino le tue carenze. I primi controlli approfonditi, l’esame del DNA e la diagnosi ufficiale li ho fatti a Crema perché li ero stato indirizzato visto che a Roma non esisteva nulla che ci potesse seguire da vicino.
Poi ho anche scoperto che esistevano altre persone rare come me e mi sono avvicinato alla Onlus che per caso aveva la sua sede nazionale a Fiumicino non lontano da casa mia.
La Onlus è stata subito per me una missione. Aiutare gli altri con il tuo stesso problema significa aiutare me stesso e aiutare future generazioni. Divulgare e far conoscere l’HHT a nuovi medici, significa trovare nuovi pazienti che come me non sanno di essere positivi, non sanno che possono essere aiutati a vivere meglio.
Al Gemelli fino a 10 anni fa non esisteva nulla per i “rari” dell’ HHT; ora ci sono tutta una serie di medici che hanno creato un percorso e formato un team che segue con affetto e dedizione chiunque di noi ne abbia bisogno. Io come già detto ,ho il problema dei sanguinamenti dal naso: in passato non gestendolo mi trovavo con il valore dell’emoglobina molto basso (6-7) ed era comunque un limite molto forte alla vita di tutti i giorni; ora sistematicamente faccio una serie di operazioni che mi aiutano a stare molto meglio come: lavaggi nasali con soluzione fisiologica sia la mattina che la sera, uso di pomate emollienti , dormire in ambienti non troppo riscaldati dai termosifoni(!) e, soprattutto un controllo costante (2-3 mesi) dei valori del sangue. Appena mi accorgo che il valore sta scendendo cerco di integrare con l’uso di compresse di ferro (Ferrograd – Sideral forte)in modo da non scendere mai sotto le soglie di allarme.
Sembrano cose molto semplici, ma posso assicurare che ognuno di noi è in grado, pensando alle azioni quotidiane, di migliorare la propria condizione anche chiedendo aiuto ai propri medici di riferimento oppure all’associazione di cui faccio parte. Mi piacerebbe un giorno poter organizzare un incontro tematico proprio sui sanguinamenti dal naso al fine di metterci a confronto e trovare tutti insieme nuove soluzioni che ci aiutino a stare meglio.
Tutte queste mie considerazioni comunque non mi allontanano dal pensiero che molti dottori-ricercatori lavorano per noi al fine di trovare cure effettive, e questo succede anche grazie ad una rete europea che negli ultimi anni si è attivata e messa in moto in maniera capillare. L’unione fa la forza come non mai nel nostro caso; farci sentire dalle istituzioni è un ulteriore missione che mi sono prefissato di raggiungere.
Vorrei concludere dicendo che avere la sindrome Rendu Osler è per molti un grosso problema, soprattutto perché la malattia comporta diversi livelli di criticità; io che riesco a sopportarla con un disagio accettabile mi sento vicino a coloro che devono invece affrontarla in maniera più complicata ed è per questo che sono e siamo con tutta la Onlus, sempre alla ricerca di coinvolgere tutti gli “attori” per arrivare a trovare più “rari” come noi.
Un abbraccio a tutti e… ai prossimi meeting on-line o, come si spera tutti, in presenza!